22 settembre 2023
Di seguito, l'intervista di Viviana Daloiso sul quotidiano Avvenire pubblicata il 22 settembre 2023:
Disabilità, a Rimini l'Expo per cambiare
L’ultimo a farsi vivo è stato Francesco. Che non ha braccia e gambe, e allora dipinge con la bocca. I suoi quadri, la sua passione per l’arte, li porta in giro per le scuole, dove insegna ai ragazzi che vita piena di dignità può (e deve) avere anche un ragazzo come lui. «Mi ha contattato, mi ha raccontato la sua storia, in un’ora avevamo trovato un posto e un momento tutto dedicato anche a lui» spiega la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, mentre fa la spola tra gli stand che da oggi fino a sabato, a Rimini, ospiteranno l’Expo Aid. L’evento, che la stessa ministra ha fortemente voluto, non ha precedenti nel nostro Paese: oltre 60 associazioni coinvolte pronte a esporre i propri progetti, tutta la galassia degli enti istituzionali (dalla Polizia alla Guardia di Finanza, dalla Protezione civile alla Croce Rossa) con le proprie buone pratiche diffuse sul territorio, 6 seminari tematici con oltre 2.300 iscritti coordinati da docenti universitari ed esperti ad ogni livello, le cui conclusioni diventeranno le linee guida per l’azione dell’Osservatorio sulle disabilità che si insedierà il prossimo mese e inizierà a confrontarsi coi ministeri sulle risorse a disposizione.
E poi mercatini di prodotti frutto dell’inclusione lavorativa, truck food, itinerari turistici e mostre animati da ragazzi con disabilità motoria o intellettiva, incontri con testimonial dello spettacolo e dello sport, persino un grande concerto. «Al centro c’è la persona - insiste Locatelli - che è il fulcro del percorso che stiamo provando a costruire e che ci porterà nel 2024 alla messa a terra della legge delega sulla disabilità, con le sue novità dirompenti. Su tutte, quella del progetto di vita».
Ministra, partiamo da qui. Sul progetto di vita le idee sono ancora un po’ confuse: di che cosa stiamo parlando esattamente?
Con progetto di vita s’intende lo strumento attraverso cui diventa possibile integrare tutti i servizi di cura – sanitari, sociosanitari e sociali – facendo in modo che lo Stato non si limiti a fornire alle persone con disabilità soltanto prestazioni, per altro frammentate, ma si prenda in carico globalmente la persona e la accompagni in un percorso di crescita fino all’età adulta studiato e realizzato su misura da un’equipe di professionisti che lavora con le famiglie. Lo ripeto da tempo: si tratta di una rivoluzione, la sfida che abbiamo davanti è grande. L’obiettivo a cui dobbiamo arrivare - e dobbiamo farlo nel giro di un anno, approveremo la legge delega in primavera - è quello di semplificare il più possibile la vita delle persone con disabilità e di chi le assiste, creando consapevolezza di quello che va fatto nei territori. Serve formazione: i servizi e le professionalità che dovranno trasformare in realtà i progetti di vita vanno preparati per tempo.
Ci sono resistenze?
La resistenza è la burocrazia, il fatto che «le cose sono sempre state gestite così» ed è difficile cambiare. Lo abbiamo riscontrato anche sul “dopo di noi”, che è stato poco capito: da maggio ormai ci siamo seduti a un tavolo di lavoro per mettere a fuoco quali sono le difficoltà sui territori e perché abbiamo ottime esperienze in Emilia Romagna, Lombardia o Veneto e altrove invece si stenta a partire. Il nostro punto di forza è il lavoro costante con le associazioni e il mondo del Terzo settore: questa collaborazione continua è la base su cui costruire il percorso che ci attende. Non a caso nel nuovo Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, ho voluto, oltre alle 10 presenti, altre 20 associazioni come invitate permanenti. Il lavoro che dobbiamo fare nei prossimi mesi è molto operativo e necessita di chi sul campo, nella quotidianità, si occupa di disabilità: il primo passo sarà quantificare le risorse che abbiamo a disposizione e come sono utilizzate. All’orizzonte c’è il nuovo Piano operativo nazionale.
In questi giorni, tra l’altro, anche l’annuncio di una svolta sull’invalidità civile, che lei ministra aveva già anticipato ad Avvenire qualche mese fa…
Esatto. Proprio nell’ottica di quel cambiamento di cui parlavamo rispetto al progetto di vita, ecco pronti ad essere modificati – sempre nella legge delega del 2024 - i parametri in base a cui viene riconosciuta l’invalidità. Per anni abbiamo ragionato sulle tabelle percentuali, sulle capacità residue di lavorare. Il nuovo sistema sarà invece basato sull’Icf, ovvero la valutazione funzionale e qualitativa della persona, che verrà presa in considerazione sotto molteplici aspetti: l’integrità delle funzioni e delle strutture corporee, la capacità di svolgere delle attività, la possibilità di partecipare alla vita sociale. Col nuovo sistema inoltre chi ha malattie cronico-degenerative riconosciute o disabilità gravissime non dovrà sottoporsi a visite periodiche, come invece avviene adesso. Anche qui l’obiettivo è semplificare.
Perché Rimini?
Per mettere un punto, innanzitutto. Per creare un luogo di incontro e di confronto, innestare una svolta culturale, per valorizzare ogni persona e porla al centro delle azioni politiche. Da questo punto di vista è fondamentale la presenza della premier Giorgia Meloni, che oggi sarà all’Expo Aid. L’attenzione di tutto il governo su questo tema è necessaria. E anche quella dei media: di disabilità si finisce per parlare soltanto davanti a fatti eclatanti, o a grandi scandali o a grandi primati, come quelli degli atleti paralimpici per dire. In mezzo c’è la quotidianità di milioni di persone e di famiglie per cui, per esempio, il progetto di vita può essere davvero un punto di svolta. Ma il progetto di vita non va in prima pagina, non interessa al mondo della comunicazione, come se il grado di civiltà del nostro Paese non dipendesse dalla capacità che abbiamo di valorizzare i percorsi dei più fragili. Vorremmo che questo cambiasse. Il segnale positivo che è arrivato con Expo Aid, nato come un piccolo progetto e per così dire una scommessa, è la grande attenzione e la grande partecipazione che ha mobilitato: non ci aspettavamo così tante adesioni e il coinvolgimento così fattivo di tanti territori ed enti. E anche dall’estero ci arrivano segnali incoraggianti: dagli Stati Uniti al Canada alla Francia, riceviamo manifestazioni di interesse e proposte di collaborazione sul tema della disabilità. L’Italia può diventare un modello.